TullioBrunone
Considerazioni
sullautoritratto elettronico
Non
incontriamo mai nessuno, se non limmagine.
Forse noi stessi abbiamo a che fare solo con la nostra rappresentazione.
Come Jekyll, nellauto/ritratto tecnologico non incontriamo noi
stessi , ma la nostra immagine e ne restiamo prigionieri.
Un urlo ci salverà è il titolo di una presentazione
di Angela Madesani per una installazione realizzata a Berlino.
Ecco, mi pare che in questi due concetti sia il nodo da sciogliere.
Lurlo diviene la metafora delluscita prorompente, di una
reazione ed è dal nostro interno che bisogna passare per una
nuova questione del reale.
Si è oramai portati a guaedare limmagine attraverso la
velocità, attraverso la mancanza di osservazione.
Come si diceva, vedere ma non guardare, eppure una considerazione
su un meccanismo percettivo stimolato dal rallentamento credo sia
interassante, utile e necessario.
Lo sviluppo dei linguaggi mediali prosegue lineare diffondendosi in
una direzione univoca e la ricerca è in buona parte concentrata
nello sviluppo di espressivita tematiche che, in un senso sviluppano
le potenzialita dello strumento e delle aree o sistemi di diffusione,
mentre contemporaneamente aumentano i modi della comunicazione dei
relazionamenti, con comportamenti e logiche profondamente relazionate
ed in sincronia con lo sviluppo complessivo dei sistemi legati al
comportamento collettivo e sociale.
Un senso di liquidità che capillarmente si diffonde mentre
nel tempo in cui ciò avviene, si assottiglia, si riduce lo
spessore ,
dove la profondità è intesa come approfondimento.
Ed oggi è sempre più frequente lingigantimento
delle immagini nelle visioni cittadine e urbane, che ci pone di fronte
ad enormi manifesti che trasmettono solo lo spessore della loro superficie,
qualche decimo di millimetro di profondità/approfondimento
E questa una fase dinamica tendente a concentrare sullapparente
i valori ed i contenuti di senso.
La finalizzazione allefficiente, al pratico, allutile
è un sistema collettivo definito e attraverso questo modello
si articolano una serie di malaffari che spostano il tempo della osservazione
e della comprensione:
Non a caso il senso comune dellestetica, il bisogno dellappartenenza,
le organizzazioni sociali, producano come reazione la distruzione,
la cancellazione dellestetica stessa, la devastazione del luogo,
non vi è la proposizione di un valore in positivo che si opponga
al senso della visione subìto e privo di profondità,
veloce, da usare rapidamente che è nel sistema contemporaneo.
Dopo anni di perlustrazione delle tecnologie, del tentativo di comprensione
delle connessioni che il linguaggio mediale ha intrecciato col sistema
complessivo sociale, quindi degli aspetti economico e linguistici,
ho la convinzione che proprio per essi e con essi quindi sia necessario
intraprendere un itinerario per ripensare in senso verticale,.oltre
il limite dellespansione, in senso contrario immergendoci oltre
il limite della superficie, della soglia.
E come lo specchio costringe alla riflessione dal momento che ritorce
noi stessi, e come nella teoria alquanto suggestiva che nella riflessione
infinita di noi stessi, coinvolgendo il tempo della rifrazione, ipotizza
lo scorgere delle nostre origini,
la tecnologia ci sposta non
più nel tempo passato bensì nellangoscia di noi
stessi.
Come operazione chirurgica penetra nel nostro profondo stanando lanimo
intimo ed ambiguo di cui siamo consapevoli, da sempre latente, trasversale
a noi.